«Il Futuro dei Motori è nei carburanti ecologici, l’Europa inizia a capirlo»

«Il Futuro dei Motori è nei carburanti ecologici, l’Europa inizia a capirlo»
“L’Autonomia non Discrimini Il Sud, è l’area con maggiori potenzialità”.
“No a scelte forzate sui motori ecologici”.
Lo dice nell’intervista al Mattino Paolo Scudieri, patron di Adler, gigante dell’automotive.
E sull’Autonomia per la gestione dei fondi: “Non possono essere fatte scelte discriminanti per il Sud. Il pnrr va speso integralmente: non possiamo permetterci di perdere questo treno”.
-Presidente Scudieri, in occasione dell’assemblea dell’Anfia, la filiera dell’auto di cui lei è presidente, sono stati diffusi gli ultimi dati sulle immatricolazioni in Italia. Sembrano incoraggianti, dunque il peggio è passato?
«Questi dati sono la dimostrazione che l’interesse per l’auto non è mai finito. Abbiamo dovuto fare i conti con il Covid, la crisi dei chip, l’aumento del costo delle materie prime, una tempesta perfetta e talmente concatenata da incidere anche psicologicamente sui desideri dei consumatori. Oggi si registrano incrementi a doppia cifra e il mercato fa fatica a soddisfare le domande di nuove vetture», risponde Paolo Scudieri, patron del gruppo Adler e presidente dell’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) appena reduce da una nuova, brillante performance da pilota nel Ferrari Challenge, stavolta sul prestigioso circuito di Le Mans. «Essere in pista sotto gli occhi di 400mila persone, dai bambini ai più anziani, è stata un’emozione unica, a riprova di quanto entusiasmo susciti ancora l’auto ad ogni livello».
-Il futuro, cioè l’auto elettrica, continua a fare paura alla componentistica?
«Si è dipinto a lungo il settore in termini negativi ignorando quanto al contrario l’auto sia stata decisiva per la sicurezza e il rispetto dell’ambiente. Evidentemente erano argomenti strumentali a precise strategie: a cambi tecnologici forzati, ad esempio, o a potenze mondiali che vogliono condizionare l’Europa imponendole nuove leadership sul piano sociale e tecnologico, senza purtroppo trovare una forte e giustificata opposizione. Per fortuna, dopo tante battaglie e grazie soprattutto al nostro governo, l’Europa si è convinta ad aprirsi ai carburanti alternativi come il Fuel e si sta attrezzando per riconoscere il biofuel sul quale l’Italia ha molti margini di sviluppo. Ora per il governo deve proseguire questa sua lodevole azione: so che sta rielaborando il piano di incentivi al settore auto da 8 miliardi, voluto dall’allora ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti e c’è l’impegno in particolare del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per dare vita al Fondo sovrano che dovrà sostenere l’industria italiana negli investimenti in tecnologia».
-Intanto frena la produzione industriale e spaventa l’aumento del costo del denaro: cosa succederà nei prossimi mesi alle imprese?
«Pagare un prestito con interessi a doppia cifra non è sostenibile da parte dell’industria manifatturiera. Il momento è molto delicato, il credit crunch delle banche commerciali preoccupa al pari dei continui rialzi del mercato del credito. Un’azienda onesta e competitiva non può sopportare questo peso se vuole fare investimenti in innovazione. L’Europa, che già ci ha costretto ad una transizione forzosa, ancora una volta ci obbliga a misurarci con una prospettiva inaccettabile: l’Italia deve esporsi in modo identitario contro questo processo e il governo lo sta facendo».
-Lei oggi presenta a Napoli, a Palazzo Reale, il libro in cui ricorda Enzo Ferrari e il ruolo dell’automobile in Italia: si può davvero tornare oggi a produrre un milione e 200mila macchine all’anno?
«È possibile ma anche necessario per mantenere tutto l’indotto che non può sopravvivere se si rimane alle 4-500mila nuove auto attuali. Con i veicoli leggeri si arriva a circa 600mila ma restiamo comunque lontani dalla copertura di tutti i costi previsti dalla transizione energetica. Il nostro settore contribuisce da sempre all’equilibrio della bilancia commerciale del Paese e deve mantenersi competitivo anche facendo shopping tecnologico nel mondo: per farlo, abbiamo però bisogno di produrre ricchezza, e dunque di fare più componenti per un maggior numero di vetture».
Pnrr in via di rimodulazione: c’è chi dice che bisognerebbe spendere quello che si può…
«Assolutamente no. Pensi ai 200 miliardi destinati dalla Germania al solo settore automotive. No, non possiamo assolutamente permetterci di perdere questo treno».
C’è il rischio che la riforma dell’autonomia delle Regioni aumenti il divario tra Sud e Nord?
«Il Sud è indispensabile per la crescita dell’Italia. E se ce la fa il Sud, ce la fa il Paese e ce la fa anche l’Europa, non ci possono essere dubbi. Ormai è noto che per ogni euro investito nel Mezzogiorno, il ritorno per l’intero sistema-Paese è di 2 euro. Gran parte, cioè, ritorna al Nord e genera ancora investimenti. L’autonomia differenziata è sicuramente uno stimolo ad accrescere la competitività dei territori, e mi riferisco soprattutto ai gravi ritardi infrastrutturali del Sud che bisognava già da tempo ridurre».
Pensa anche al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina?
«Certo. Gli americani non erano certamente sprovveduti quando pensarono di realizzare due ponti per l’attraversamento di San Francisco. Sapevano che le infrastrutture sono un fattore decisivo per la competitività e i fatti hanno dato loro ragione. Bisogna scegliere allora se fare uscire dal ritardo le aree del Sud che sono più indietro: io credo di sì e ogni opportunità in tal senso andrebbe colta, dalle infrastrutture ai settori industriali più trainanti. L’autonomia differenziata può aiutare ma senza essere discriminante. Se favorisce la crescita va bene, se divide l’Italia no: lo dicono del resto i dati macroeconomici, il Sud è l’area più potenzialmente competitiva del Paese e dell’Europa stessa. Conviene a tutti investire qui: spetta anche a noi dimostrare che è possibile».
Fonte: Il Mattino