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Anfia, serve lo Stato in Stellantis per difendere la filiera dell’auto

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Anfia, serve lo Stato in Stellantis per difendere la filiera dell’auto

Scudieri: ‘Ora bilanciare i pesi di Italia e Francia nel gruppo’

L’industria italiana dell’auto alza il tiro e rilancia sull’idea di ‘bilanciare’ i pesi all’interno della compagine sociale di Stellantis, riconoscendo un ruolo all’Italia, al fianco dello Stato francese. “E’necessario equilibrare le forze e i pesi in Stellantis, si tratta di una cosa giusta, alla luce della presenza dello Stato francese” dice Paolo Scudieri , presidente dell’Anfia, l’Associazione delle imprese della filiera automotive.

Si guarda dunque con interesse alla proposta avanzata sul Sole 24 Ore da Marco Bonometti, presidente di OMR e storico industriale del settore auto, che ha parlato della possibilità di un ingresso di Cdp in Stellantis per equilibrare la presenza dello Stato francese e tutelare la filiera italiana.

Per l’Italia si tratta di una partita strategica, insiste Scudieri, “perché il settore auto nel suo complesso pesa oltre il 5% del Pil nazionale con un gettito fiscale significativo”. La soglia del milione di autovetture prodotte in Italia invocata dai produttori rappresenta la condizione necessaria al mantenimento del tessuto industriale e della necessità di innescare processi di innovazione tecnologica, necessari in una fase di transizione molto spinta come quella attuale. In un decennio la produzione italiana si è dimezzata facendo scivolare il paese al settimo posto tra i produttori europei di auto.

La mancanza di un contrappeso istituzionale all’interno di Stellantis, questa la preoccupazione, rischia di penalizzare i produttori italiani proprio in una fase in cui il gruppo guidato da Carlos Tavares riallineerà l’intera produzione sulla base delle piattaforme STLA. Nella nuova geografia produttiva del Gruppo, a Melfi sarà istallata la STLA Medium -quattro modelli lull electric- mentre a Cassino andrà la STLA Large.

Il tema dell’automotive, dicono gli industriali, deve rimanere una priorità nell’agenda politica. Dopo il dibattito degli ultimi mesi dell’impatto del nuovo Regolamento europeo Fitfor55 e dello stop ai motori endotermici a partire dal 2035, l’attenzione si sposta ora sulla questione industriale e sulla tenuta della filiera italiana a fronte di volumi pari alla metà della capacità produttiva istallata negli stabilimenti di assemblaggio. Aver riaperto la discussione e aver ottenuto una apertura, a livello europeo, sugli e-fuel e -come ci si augura sul fronte italiano- anche sui biocarburanti è un risultato, ma la questione industriale resta apertissima.

“Serve un piano strutturato per far evolvere l’indotto e renderlo più competitivo” – riprende Scudieri. L’obiettivo degli industriali dunque è quello di portare l’interlocuzione a livelli istituzionali più alti per aprire una fase di discussione su asset strategici come quello dell’auto. Per le industrie dell’automotive potrebbe aprirsi una nuova fase legata alla necessità di insediamenti e collaborazioni produttive con paesi ad alta competitività, proprio per calibrare il mix dei costi e andare incontro ai nuovi dettami dell’era Tavares, che ha posto la questione del taglio dei costi come tema fondamentale degli stabilimenti e i fornitori italiani. “Le aziende italiane sono chiamate ad allungare il proprio raggio d’azione e a guardare ai mercati emergenti. Anfia ha organizzato nei giorni scorsi – ricorda Scudieri- un forum economico con l’Algeria incentrato proprio sul settore auto e sull’indotto. Si tratta di un mercato enorme a cui dobbiamo guardare per ampliare le possibilità produttive e le opportunità di business su aree promettenti come quelle del Magreb e dell’Africa subsahariana”.

-Fonte: ‘Il Sole 24 Ore’